Ascolto Atto 1°

(...o della perfezione della riproduzione)

Ascolto Atto 1° (...o della perfezione della riproduzione)

Ascolto Atto 2° (...o di cosa ricercare nell'ascolto casalingo)

Ascolto Atto 3° (...o del suono giusto)

Ascolto Atto 4° (...o del come ottenere il suono giusto)

Ad "Alta Fedeltà" si è quasi sempre dato un solo significato: riproduzione dell'evento musicale come dal vivo. E questa definizione è apparsa ed appare ancora oggi ai più quanto mai indovinata. Ma quale significato dare a "come dal vivo"? A questo proposito vi è una grande differenza di vedute. Per la visione High-End, significa, prima di ogni altra cosa, precisione maniacale nella ricostruzione dello scenario stereofonico virtuale (ma la precisione timbrica, tirata in ballo di continuo, è un concetto totalmente astratto). In questo caso, ogni strumento e/o voce deve essere perfettamente distinguibile dalla massa dell'orchestra e/o del coro, impeccabilmente localizzabile nello spazio tridimensionale. Per la visione tecnicista, significa riprodurre il segnale elettrico esattamente come era in origine. Ma si può tentare di comprendere il significato di "come dal vivo" partendo dal concetto di "perfezione". Essa implica assolutezza e noi sappiamo che non esiste (nel mondo così come noi lo conosciamo). Ma per migliorare se stesso e ciò che lo circonda l'uomo ha bisogno di crearsi dei modelli di perfezione. Così, per quanto riguarda l'alta fedeltà, l'ascoltatore prende come riferimento perfetto la musica dal vivo. Ma l'atto concertistico (musica prodotta) non è mai uguale a se stesso, lo stesso brano (o concerto), cioè, sonato molte volte risulterà sempre diverso, anche se lievemente, malgrado sia sonato dallo o dagli stessi musicisti nel medesimo luogo. Per non parlare delle diverse interpretazioni possibili dello stesso o degli strumenti utilizzati (La questione è evidente nel caso di musica jazz, ma estendibile ad ogni tipo di musica). A tutto questo si aggiunge un altro dato di fatto troppo spesso dimenticato o deliberatamente (forse per convenienza) ignorato: ciò che si ode in prima fila, ad un concerto (si fa riferimento a concerti per soli strumenti acustici, malgrado il problema permanga anche nel caso di concerti con strumenti amplificati elettronicamente), differisce notevolmente da ciò che si ode in decima fila o in ultima, oppure dal loggione (a teatro) o di lato. In quest'ottica del "diverso" (che prescinde dal migliore o peggiore), ogni interpretazione è perfetta, in quanto finita, conchiusa, assoluta, irripetibile. C'è perfezione nella non perfezione! Alla luce di questa incongruenza, si vede che la definizione di perfezione non può essere la stessa anche per la musica riprodotta. Infatti, quest'ultima è, per definizione, ripetibile. In secondo luogo, quanto è inciso sul supporto non può essere ascoltato se non attraverso un impianto di ri-produzione (in quest'ottica - ma non solo - già in partenza, all'atto della ripresa microfonica, nascono i problemi di qualità). Qualcuno (Andio Morotti, alias Andrea Morandi e Claudio Mazzotti, Fedeltà del Suono n.24-ottobre 1993, pag.24-25 & Ciro Marzio, F.d.S. n.32-ottobre 1994, pag.20-21), non a torto, ha affermato che l'alta fedeltà è un grande falso in quanto attraverso un ambiente che non esiste, strumentisti che non ci sono, musica che chissà come era in origine, insegue un concetto di perfezione che non c'è. Eppure è affascinante. Allora, più che di perfezione bisogna parlare di credibilità.

In passato si è pensato che il modo migliore per aumentare la credibilità di una riproduzione musicale fosse quello di abbassare la distorsione a livelli infinitesimali, ampliare la banda passante il più possibile e via dicendo. La storia ha insegnato che quella non era la strada giusta, poiché non diceva tutta la verità. La grande maggioranza della produzione attuale (la totalità della produzione in grande serie, una buona parte di quella iper-costosa) insegue ancora questo tipo di credibilità. Ma mancava, e manca tuttora in quel tipo di realizzazioni, ciò che rende straordinario l'irripetibile ed il bello: l'emozione, l'emozione comunicata dall'insieme musicista-strumento-brano. Sono dell'opinione che sia tutta qui la differenza tra suono e musica. La musica è emozione e sentimento, il suono il suo tramite. La nozione di musica cui hanno fatto e fanno esplicitamente riferimento musicisti, critici e studiosi di estetica musicale è ancora quella di "rappresentazione del sentimento". Il fatto che nella pratica della creazione musicale e nella ricerca di nuovi e liberi modi di tale creazione abbia indubbiamente prevalso la nozione di musica come tecnica di una sintassi dei suoni le cui regole possono essere variate indefinitamente non deve andare e non va a discapito della nozione di rappresentazione del sentimento. Non si vede come, infatti, musica composta con tecniche diverse dalla pura ispirazione non possa essere emozionante e non possa toccare il sentimento dell'ascoltatore. La musica non è "piacere intellettuale", non investe in primo luogo la ragione (in tutta la storia dell'uomo, infatti, la musica è sempre stata considerata (a torto o a ragione) l'arte dell'espressione del sentimento per eccellenza). Esistono altre forme di espressione più adatte e più mirate all'intelletto. Esistono sistemi di riproduzione (del suono) con caratteristiche alquanto differenti tra loro ma ritenuti ugualmente validi i quali si potrebbero classificare come credibili secondo gli standard attuali (Hi-End); ma io ricerco l'emozione ed il sentimento della musica dal vivo. Per me senza queste non esiste e non può esistere credibilità! E se "l'Alta Fedeltà è solo una bugia" (Joe Roberts (Direttore ed editore di Sound Practices), SP vol.1#2, pag.2), allora non bisogna cercare ciò che non si può raggiungere.

Gli impianti attuali, come i singoli elementi che li compongono, si possono suddividere in tre categorie: quelli che colpiscono prevalentemente l'emozione (che "tendono al cuore" - Herbert Reichert, Sound Practices vol.1#3, pag.28), quelli che colpiscono prevalentemente la ragione (che "catturano la mente" - Herbert Reichert, cit), quelli che non colpiscono alcuna delle due. A quest'ultima categoria appartiene la quasi totalità della produzione attuale. La mancanza di emozione nella quasi totalità degli impianti (considerati) state-of-the-art odierni (quelli Hi-End in generale anche se non in assoluto) è un fatto più volte denunciato anche da musicisti. I parametri secondo i quali si giudica un impianto oggi sono: immagine stereofonica, focalizzazione, correttezza timbrica, silenziosità, trasparenza, definizione. In una parola, meno colorazione possibile. E si arriva spesso ad una minore colorazione della musica stessa! Tuttavia, ritengo, per quanto detto, che questi non siano parametri di primaria importanza. Certamente non lo sono se presi da soli ed estrapolati dal contesto nel quale si trovano. Nel momento in cui si chiudono gli occhi deve rimanere solo la musica. Tutti i suoni devono vivere insieme, creare un tutt'uno, generare la musica. Sento la necessità, a questo punto, di fare alcune precisazioni. Quando parlo di emozione non intendo né istinto (definibile genericamente come "quella guida naturale, cioè non acquisita né scelta e poco modificabile, della condotta animale ed umana" (Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET) o come "azione riflessa" - teoria comunque superata -; in ogni modo da non confondere con tendenza o impulso perché di carattere stabile), né quello stato emotivo primordiale spesso sfruttato dai mezzi di comunicazione (insieme all'istinto stesso). Mi riferisco, bensì, a qualcosa di molto più profondo, con significato proprio, a quelle "manifestazioni, indicazioni o segni di situazioni obbiettive in cui l'uomo viene a trovarsi sia per i suoi rapporti con le cose del mondo, sia per i suoi rapporti con gli altri uomini" (Nicola Abbagnano, cit). Sentimento come tipo o forma superiore di emozione, anche categoria nella quale rientrano le emozioni. Non è possibile comprendere l'esistenza dell'uomo sia come organismo sia come io o persona se si prescinde dall'esperienza emotiva, come insegnano le teorie scientifiche e filosofiche contemporanee. Emozione non come "vane opinioni", ma con significato proprio e oggettivo. È evidente quindi che esiste una diversificazione delle emozioni in livelli distinti: la separazione base è tra condotta emotiva ed emozione-controllo.

Progettare una chitarra, un organo a canne, un violino o qualunque altro strumento acustico non elettronico non risulta poi oggi così difficile. Progettarne uno che possa unire al suono anche l'emozione tramite e secondo le capacità dell'interprete è cosa difficilissima, anzi a portata di pochissimi artisti. E si possono ben chiamare artisti Maestri come Stradivari, Guarneri o Amati (ma l'elenco potrebbe continuare). La musica che esce dai loro strumenti (questi strumenti non devono, chiaramente, essere lasciati immobili per molto tempo se si vuole evitare l'indurimento delle fibre del legno con conseguente perdita di elasticità e cambiamento radicale del timbro), se sonati da ottimi interpreti, è così emozionante da possedere una "anima", "principio della vita, della sensibilità" (esiste una parte del violino chiamata proprio anima la quale serve ad unire meccanicamente le due tavole armoniche determinando il loro accoppiamento acustico. Il nome deriva dal fatto che la sua mancanza (o errato montaggio) determina una forte perdita di qualità e potenza dello strumento): questi oggetti sembrano vivere di vita propria (nel mondo artistico della pittura e della scultura vi sono molti capolavori che sembrano vivere di vita propria. Celeberrimo l'esempio del Mosé di Michelangelo). Allo stesso modo, e non mi sembra offensivo nei confronti dei grandi Maestri, si può ritenere arte il sapere mettere una "anima" in un sistema di riproduzione sonora. Ma ogni elemento della catena di riproduzione deve mantenere inalterato il contenuto emozionale del messaggio musicale. Il risultato è quindi frutto dell'insieme e mai di un singolo costituente. Un solo componente privo di "anima" può rendere brutalmente meno credibile e scialba una riproduzione, a partire dal microfono di ripresa. L'audio lascia ampio spazio all'arte, alla improvvisazione, alla fantasia ed alla sensibilità dell'individuo. Sopra ogni altra cosa, è la sensibilità a dover guidare il progettista. L'audio è una forma di arte.

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