Ascolto Atto 3°
(...o del suono giusto)
Ascolto Atto 1° (...o della perfezione della riproduzione)
Ascolto Atto 2° (...o di cosa ricercare nell'ascolto casalingo)
Ascolto Atto 3° (...o del suono giusto)
L'ascolto è soggettivo, l'emozione vissuta è personale. E l'emozione è l'unico elemento comune. Non basta. In realtà possiamo andare oltre.
E possiamo farlo dicendo che non c'è un suono buono ed uno cattivo. C'è il suono giusto e quello sbagliato! Questo è molto importante. Attenzione, non è stato negato quanto detto sopra! Al contrario. Bisogna chiarire cosa sia questo suono giusto.
Quando si ascolta un impianto, di norma, come detto, non si ascolta la musica. Certamente, un impianto che lascia concentrare sul (suo) suono non è un impianto giusto, poiché non riproduce il suono giusto. Il suono giusto è un suono con la giusta scala tonale, dove ogni strumento ha la corretta ricchezza. Nel suono giusto non c'è stanchezza da ascolto, non c'è distorsione, non c'è rumore. Andare a concerti aiuta a "tarare" noi stessi verso il suono giusto. Ma anche semplicemente ascoltare una chitarra in casa, un piccolo gruppo per strada. Il suono giusto è quello presente in natura, quello che ci portiamo dentro. Bisogna capire che in ognuno di noi c'è il suono giusto di cui parlo. È dentro di noi, innato. Nelle persone di sesso femminile è più evidente questa presenza. Possiamo noi stessi determinare se un suono sia giusto. Non è difficile.
Noi troviamo "naturale" il suono di ogni strumento, di ogni voce ascoltata senza filtri. Ci appare "normale". Quello è il suono giusto. Un suono senza "distorsioni", equilibrato. Questo suono, questa "naturalezza" è dentro di noi. Possiamo riconoscere il suono giusto. È una questione di allenamento. Dobbiamo sgombrare la mente da preconcetti, da percorsi radicati ma falsi. E ascoltare con l'emozione. Dobbiamo carpire il messaggio emozionale ed emozionante della musica. Il suono giusto è privo di false colorazioni, di distorsioni, è equilibrato, è, in una parola, naturale. Non è mai stancante. Non da mai fastidio. Non è di nessuna utilità inseguire un tono, un suono, una modifica parziale, nemmeno un equilibrio tonale.
Molto spesso si vedono appassionati che cambiano continuamente i componenti del loro sistema, quando non parti all'interno del componente, sentendo dei cambiamenti. Certamente questi cambiamenti ci sono stati, ma in meglio o in peggio? Nessuna delle due cose, poiché la domanda corretta è: il suono ottenuto è giusto o no? Io ritengo strenuamente che ascoltando musica attraverso un impianto non sia corretto parlare di suono buono o cattivo, ma capire se sia giusto o sbagliato. Dobbiamo correggere la visione, quindi il nostro giudizio.
Non bisogna parlare di un suono che piace e nemmeno di un suono favorito. Esiste un artista favorito, come anche un disco favorito. Ma esiste il suono giusto. Un altro errore che si fa quando si parla di buono o cattivo è… il termine di paragone. Buono o cattivo paragonato a cosa? Alla musica dal vivo? Certo! Ma non come questo avviene solitamente. Per quanto già esposto sulla ripetibilità, sulla registrazione ecc.. Il confronto deve avvenire sull'emozione, sull'equilibrio, sull'assenza di pesantezza, distorsione, fatica di ascolto. Sulla naturalezza, come già detto. Quindi, ancora una volta, il suono non può che essere giusto o sbagliato, non può mai essere buono o cattivo.
Le riviste e l'ascolto diretto
Leggere le riviste del settore può aiutare a capire. Ma nessuno ed in nessun modo può sostituire, con tutto ciò, l'ascolto diretto, in prima persona. Ebbene, possiamo leggere tutto ciò che vogliamo su tutti i libri del mondo, possiamo ascoltare tutti i pareri possibili su ogni cosa, possiamo quindi citare tutto quello che di citabile esiste, ma l'esperienza personale diretta è assolutamente insostituibile e sempre lo sarà per un pieno vivere la vita! Si può discutere della tecnica di pittura di Michelangelo, di come ha realizzato la Cappella Sistina. Ma cosa può sostituire l'emozione del guardare col naso all'insù quel meraviglioso soffitto? Cosa può sostituire l'odore che permea la sala? Cosa può supplire all'emozione che proviamo nella contemplazione di simili opere? Come cercare di far capire tutto ciò al lettore? Ripeto: come far vivere al lettore un odore, una sensazione, perché imporre al lettore una emozione che non è del lettore ma di colui che l'ha vissuta? Penso che le riviste dovrebbero solo informare, dare notizie. Mettere, cioè, il lettore nella condizione di capire se l'oggetto descritto sia o no nella direzione cercata dal lettore stesso. Ascoltare direttamente ogni cosa! Questa una regola importante da seguire. Ma difficilmente praticabile. Bisogna fare sacrifici. Proprio per quanto esposto sopra, le emozioni sono intime, personali, non generalizzabili né sostituibili con quelle di altri. Il suono giusto è innato dentro di noi, ma deve essere ravvivato e tenuto bene in vita. Andando ai concerti tutte le volte che questo è possibile.
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